Il babbo era partito due anni prima, quando ci scriveva o le rare volte che siamo riusciti a parlargli dal telefono pubblico del paese, diceva solo che c’erano tanto freddo e nebbia. Il giorno che l’abbiamo raggiunto, è stato quello più faticoso della mia vita, il viaggio non finiva mai e non è vero che i meridionali arrivavano al nord con una valigia di cartone, perché noi non avevamo neanche quella, soli i vestiti che indossavamo e una specie di grande fagotto che portava mio fratello maggiore, con dentro qualche altro indumento, ma poca roba. Sembra impossibile oggi, ma non era la preistoria, nossignori era la fine degli anni 50 e se per qualcuno sono stati quelli del boom, noi invece avevamo fame. Se mi chiedete cosa mi ricordo della mia infanzia io vi dico la fame, avevo sempre fame,qualche volta la mamma mi dava anche un po’ del suo cibo, ma io non volevo il suo, insomma mi sembrava una cosa brutta perché se io che ero piccola avevo tanta fame, lei che era grande doveva averne anche di più. La prima caramella l’ho mangiata in terza elementare, me l’ha data la maestra Paola, alla quale devo tanto. Quando arrivammo nella importante città del nord dove c’era la fabbrica che aveva assunto il babbo, ci sistemammo non proprio in un appartamento nostro, ma in una specie di grande stanzone dove stava anche un’altra famiglia, ci divideva una tenda, ma praticamente eravamo tutti insieme e per andare in bagno, bisognava andare in un corridoio esterno. Un giorno la maestra mi chiamò da una parte e mi fece tante domande, io mi ero accorta che lei mi guardava spesso, che mi vedeva tirare fuori la mia fetta di pane con niente, ricordo che una volta una mia compagna di classe mi diede due fette del salame che era dentro il suo panino, la mia sensazione fu che la nostra povertà fosse nota a tutti. La mamma di un’altra bambina mi portò due magliette di lana e io le portai a casa felice, un’altra mi diede due banane, poi fu la volta di un bel pezzo di formaggio. Non è vero che i meridionali sono orgogliosi e non accettano gli aiuti, noi li accettammo eccome, la maestra venne dove abitavamo, si rese conto della situazione, in che luogo malsano abitassimo, in quale forma di indigenza vivessimo e oltre a tornare portandoci frutta e una bella pentola con dello spezzatino, mise in moto la macchina della solidarietà. Si mise in contatto con delle signore della sua parrocchia e la mamma trovò lavoro come donna delle pulizie in una famiglia dove la trattarono sempre molto bene, mio fratello quando finì con grande fatica, diciamolo, le medie fu sistemato come garzone di bottega in una grossa rivendita di dolciumi e liquori, che trent’anni dopo fu lui a rilevare. Ci trovarono un piccolo appartamento con il bagno,aveva i muri un po’ scrostati e solo due camere, ma a noi andava benissimo. Il boom era arrivato anche per noi, che siamo rimasti una famiglia semplice e certamente non ricca , ma ognuno di noi ha trovato una buona sistemazione, si è creato il suo posto di persona onesta nella società, il babbo non è riuscito a realizzare il suo sogno di comprarsi una casa, ma noi figli sì e credo che lui da dove è ora ne sia molto felice. Non vi ho raccontato una storia di amore travagliato o quella di un tradimento, ma solo la mia, quella di una bambina che la prima caramella l’ha mangiata in terza elementare.”
