Se il segreto della bellezza di ogni donna sta nella naturale unicità, è proprio il pezzo unico la peculiarità che la contraddistingue nel vestire . E qui scende in campo il vintage , se avete un party a cui partecipare dove volete distinguervi tra le invitate tutte griffate con le ultime collezioni, scegliendo nel vintage un abito ,un accessorio infallibile, una scarpa sofisticata,raggiungerete il vostro obiettivo.
Ma cosa hanno di speciale ?Si notano ma senza essere sfacciati. Sono perfetti di giorno ma anche la sera, perché sono eleganti ma non sono nuovi e non ti identificano come acquirente dell’attuale collezione a costo tot .L’identità che hanno è personale e viaggia molto lontana da qualsiasi altra creazione attuale , su un binario preferenziale e molto chic .
Trovare un vintage di qualità a prezzi accessibili non è facile, ma neppure impossibile, richiede attenzione e ricerca, credo la parte più divertente di uno shopping mirato e comunque scovare un pezzo “importante ” a un costo non esorbitante rappresenta una grande soddisfazione…
Ho sempre amato i banconi dei bar, che per me rappresentano quei luoghi magici dove puoi andare sola a bere un cocktail in pace pensando ai fatti tuoi, ho imparato ad andarci quando non avevo voglia di stare in casa, ma non volevo vedere nessuno che mi obbligasse a tenere in piedi una conversazione o che mi volesse fare una seduta psicoanalitica sul dolore e su come affrontarlo. La mia serata preferita è sempre stata il venerdì, il venerdì a Milano è speciale, inizia il weekend e gira un fermento contagioso, finisce la settimana lavorativa, il giorno dopo si dorme o si parte, tutti hanno voglia di uscire, divertirsi, andare a bere qualcosa per rilassarsi e scaricare il peso di giornate impegnative. Milano è una città dentro una metropoli, preserva luoghi meravigliosi per chi possiede gli occhi giusti per vedere, è riservata ma invitante, piena di colori in mezzo al suo grigio, una lavoratrice indefessa con tanta voglia di divertirsi. Ne puoi rimanere immediatamente affascinato, ma l’amerai per sempre solo se impari a conoscerla. Io andavo, mi sedevo, ordinavo e vedevo la serata prendere forma, le persone incontrarsi a gruppetti e uscire a coppie, altre che si erano date appuntamento e si capiva che stava iniziando il corteggiamento, mi piaceva essere lì, magari anche osservata con curiosità, avvicinata da qualcuno che voleva fare amicizia, non sono mai stata scortese, scuotevo la testa, no, non avevo voglia di parlare, ma sorridevo. Amo il super potere del sorriso, ti assolve da qualsiasi no, da ogni possibile rifiuto, puoi sorridere con gli occhi, con i gesti e con la delicatezza dei modi garbati, così anche il no più sgradito se espresso con il sorriso diventa lieve. Questa sera me ne sto seduta al bancone con il mio Martini davanti, tra non molto arriveranno i Colombo con Nives e Luciana, l’ultima della brigata e Angela, eternamente seguita dal ragioniere Nino Mandelli, l’appuntamento è per brindare al terzo negozio che domattina inaugureremo. Sono arrivata a sessantaquattro anni con orgogliosa fatica, dentro di me sento l’insieme di tante bellezze e nonostante i segni del tempo sul viso e nel cuore, non sono appassita, piuttosto rinata. Ho accettato di non essere più seduttiva, ma ogni tanto percepisco che qualcuno con un’anima particolare, riconosca la mia. Gli uomini oggi non apprezzano più la classe, l’eleganza o un bel viso, in questa società, dove la fisicità conta più della cultura, vengono valorizzate molto le donne insicure con il seno rifatto e poco le donne che il seno non lo vogliono mettere in mostra anche se l’hanno ancora bello. Io mi vedo con poche persone, trovarsi per una serata insieme a tante, le poche volte che capita, non vuole dire essere amici. Per me dopo tanti anni è arrivato il momento di stare bene, di cercare con ostinazione il modo per raggiungere questo stato, merito rispetto e lo esigo dai livelli più bassi fino ai più alti, ho scalato la mia montagna, ora è il momento di scendere a valle. Ieri ero giovane, oggi senza occhiali non vedo nulla e tanti amici non ci sono più. C’è stata la pandemia, c’è la guerra, da San Babila si arriva a Linate in quindici minuti, la gente mangia gli insetti e c’è la libertà di genere. Tutto ok, sono per il vivi e lascia vivere, mi ritiro nel mio mondo, quello della gente come me, che ancora sa distinguere ciò che è realmente da preservare, io comincio da me stessa, da quella che sono diventata. Si dice che tutto passa, ma non da dove e come, se dal cuore o dalla pelle o da quel vuoto che ti buca lo stomaco senza pietà e senza chiedere permesso, tutte le mattine quando apri gli occhi o la sera mentre cerchi di addormentarti. Passa, ma solo dopo averti cambiata, dopo che hai resistito e ce l’hai fatta, ma capita che in una qualsiasi giornata no, in un momento di crisi, in un attimo di debolezza, solo “quello” ti tornerà alla mente. Perché certe cose finiscono, ma altre trovano un posto dentro di te e lì restano silenti finché qualcosa non le risveglia. Sono proprio quelle giornate sbagliate a farlo, quei momenti di crisi, quegli attimi di debolezza, quando la pesantezza ha il sopravvento, è allora che ricordi e scavi nel tuo passato per farti del male e non puoi fare a meno di farlo, devi assolutamente, perché ricordare è il solo modo che esiste per imparare a convivere con la persona in cui ti sei trasformata. Nella mia vita è accaduto un evento, straordinario, inaspettato come una secchiata d’acqua gelida nella pancia,come uno schizzo di olio bollente negli occhi, una cosa inaccettabile, un dolore feroce, per il quale a volte mi sono chiesta come il mondo continuasse a girare e non si fosse fermato a piangere con me. A fermarmi sono stata io, a guardare mille volte quella me che se n’è andata per sempre. Succede che ad un certo punto della vita cambi tu , cambia tutto, tranne il cuore che in un modo o nell’altro va sempre in pezzi. Fino ad oggi so di avere perso molte cose e persone preziose e in questo ho delle responsabilità, ma non delle colpe.L’errore più grave è stato lasciare molto di me attaccato a quelle cose e a quelle persone, avrei dovuto essere capace di trattenerlo e lasciare invece che tutto quello che aveva dovuto o voluto andarsene, andasse. I conti non si fanno con quello che perdi, ma con quello che resta, questo è quello che ho imparato nella difficoltà di vivere senza le persone importanti che non ci sono più, a contare gli anni dal momento di certe mancanze, a ricordare i fatti, gli avvenimenti e certi accadimenti, da prima o dopo quelle tristi date. Per anni ho cercato pezzi di lui ovunque: scritti, biglietti dei treni, scatole di sigari, occhiali, vecchie foto e quando li trovavo li custodivo come tesori, addirittura credevo che fosse lui a farmeli trovare. Sentivo una vecchia canzone che alla radio era insolito facessero ascoltare e magari pensavo a quel viaggio in auto fatto di risate, cioccolatini e abbracci e allora immaginavo che quella canzone me l’avesse mandata lui dal suo universo parallelo. Mi piaceva pensare che funzionasse così, che se trovavo qualcosa o capitava qualcos’altro di inusuale, fosse stato lui a lasciarmela o a farlo capitare. Ci sono cose che non possiamo spiegare,appartenenze che non riusciamo a strappare, dolori che ci abiteranno per sempre, ma ci deve consolare che le cose infinite non finiscono,magari cambiano, sbiadiscono come le vecchie foto, ma a finire non ci riescono. Allora bisogna chiudere gli occhi e sentire che tutta questa nostalgia non è altro che una grande profonda bellezza. Dopo di lui, nessuno poteva essere lui, speciale come lui, ma non è vero che non voglio più un uomo accanto, non voglio accanto un uomo qualsiasi, perché io non sono una donna facilmente avvicinabile, sono gentile ma lontana, cortese ma imperscrutabile, sorridente ma immersa nel mio mondo interiore al quale nessuno può accedere. Ho messo un limite invalicabile, potrà alzare quella sbarra solo quell’uomo tanto intelligente da non volere prendere il posto di chi non c’è più, uno capace di crearsi il suo di spazio, di non essere geloso di una foto su un mobile o di un anello al dito, che sappia comprendere di essere giunto quando tutto questo esisteva già e che se ama me sappia che io sono la somma di tutto quello che ho vissuto. Non so separarmi in modo definitivo né dalle persone né dalle cose, dovevo eliminare un vecchio mobile, antico ma con nessuna pretesa di valore, da sempre nelle case abitate dai miei genitori e quindi anche da me. Lo volevo sostituire con un pezzo più utile, ma… c’è sempre un ma per me quando si tratta di qualcosa che è stato sotto i miei occhi tutta la vita, all’improvviso mi è sembrato di rivederlo nella casa di via Pola, con quella televisione sopra che trasmetteva solo due canali, poi nel salotto della casa dove andammo dopo, un attico elegante e via via in altre, sempre lì con noi, fedele, presente a fare il suo mestiere di mobile, ad assistere a tutti i nostri cambiamenti, alle morti e alle nascite. Allora mi sono voltata dalla sua parte e gli ho detto, no tu non finirai in una cantina polverosa dimenticato da tutti, come un anziano scomodo e indesiderato, tu starai con me e quando non ci sarò più, allora potrai anche diventare legna da ardere come io mi trasformerò in cenere e magari saremo lo stesso insieme. Per molti le cose di valore sono quelle che un valore l’hanno in termini di denaro, per me invece per quanto ne hanno dentro il mio cuore. Sono così le stagioni del cuore, fatte di cose e persone che non ci sono più, dalle cose che quella volta avremmo potuto dirci e non ci siamo detti, da quei mattoni che sono diventati muri e poi si sono alzati fra noi e un amica. Le stagioni del cuore sono quelle giornate d’autunno con il vento e la luce negli occhi, quelle d’inverno fredde, dove una telefonata ti ha scaldato, quelle di primavera con il verde chiaro nei parchi e il tuo amato border colli che corre e quelle d’estate dove tutto quell’azzurro ti toglie il respiro. Le stagioni del cuore le ho attraversate tutte, giorno dopo giorno e sono arrivata fino a qua, con le mie giornate buone e quelle difficili, dove mi sembra di non farcela e poi ce la faccio sempre e da sola, perché la mente all’improvviso si apre, intravedo un modo e da dentro arriva la forza. Le stagioni del cuore mi hanno cambiata e a volte io stessa non mi riconosco e quello specchio che rimanda la mia immagine è lo stesso che mi racconta una storia di vita fatta di amore, passioni, lavoro, viaggi e ritorni, cose perdute e altre lasciate andare, di gioie e di grandi dolori, di affetti importanti che mi sono restati accanto e di quelli che non contavano e che si sono allontanati. Le stagioni del cuore sono dentro di me e forse non le vorrei neppure cambiare, perché poi non sarei diventata la persona che sono e io di come sono dentro sono molto contenta. Stasera sono qui, davanti a un Martini, tra poco faremo il brindisi a un altro pezzetto di progetto che si sta realizzando, quasi non ci crediamo neanche noi, siamo felicemente stupite, ma con il primo negozio che ci aveva affittato Angela, abbiamo dato corso a una serie di piccoli successi e grandi soddisfazioni. La prima fra tutte è stata la mia, tante persone che mi avevano condannata con giudizi da tribunale dell’ inquisizione,sono entrate per curiosità, sono tornate per guardare meglio la merce in vendita e sono ritornate parecchie volte a comprare. Io a tutte canto la stessa canzone “le cose che per noi non vanno più bene, possono avere una nuova vita presso altri, vogliono rinascere come succede a noi quando ci reinventiamo. Proprio come me, si ricorda quando facevo l’antiquaria? Sì che se lo ricorda, veniva sempre da noi in Galleria…” Diventano rosse, poverine, si imbarazzo e allora io faccio una risata, prendo fuori dai cassetti una spilla vintage e dico”la provi, è bellissima, lei che frequenta solo persone importanti, avrà sicuramente molte occasioni giuste per indossarla”. Non venivano solo a comprare, ma anche a dare in conto vendita borse firmate, pellicce, vestiti di stilisti famosi, scarpe, cappotti, foulard e bijoux. Il nostro commercio funzionava sulla merce di cui ci rifornivano le persone che volevano venderla. Io la selezionavo accuratamente, ero esigente, no a cose di poco pregio o usurate, sceglievo e scartavo velocemente, i capi, se usati, dovevano esserci consegnati con la ricevuta della lavanderia, tutto veniva spolverato, nel caso anche disinfettato. Eravamo precise, molto attente e in breve si sparse la voce, perché da noi vennero tutti e le cose andavano tanto bene che decidemmo di aprire anche un altro negozio, ma in una zona diversa, più elegante. Abbiamo girato tanto, la sorte che ci prende spesso in giro, mi ha fatto arrivare di nuovo in via San Maurilio, affittavano un bel negozio niente da dire, loro se ne erano innamorate, ma io non ho voluto, mi sono opposta fermamente, nessuno poteva riportarmi dove già era rimasta un grande parte del mio cuore, ho detto no e per nessuna ragione cambierò idea. Più giù, dopo l’incrocio con via Santa Marta scorgevo le tre vetrine, il vecchio sogno era a cinquanta metri che mi guardava e il tempo per un attimo ha fatto una corsa all’indietro, per riportarmi in una frazione di secondo in un’altra vita. Figuriamoci se potevo pensare di tornare lì, ce ne hanno proposti altri così abbiamo scelto una location molto carina in una via elegante. Io e Angela nel primo negozio, la Colombo e Nives nel nuovo, Mario dava una mano se c’era bisogno, anche Nino, fedele amico di Angela ma ormai di tutte,fuori dall’orario di lavoro faceva la spola per ritirare la merce e spostarla da un negozio all’altro. Si vede che quei giretti gli piacevano molto, perché un giorno Angela venne a sapere che lui e Nives erano andati al cinema, me lo raccontò senza astio né rabbia,ma solo con malinconia “la voglio conoscere meglio”le aveva detto Nino. Le ho preso la mano e le ho detto che gli uomini come Nino alle donne come noi non servivano a nulla, che lui sarebbe sempre e solo rimasto un eterno indeciso, privo di coraggio, mentre noi quanto ne avevamo avuto? Era una donna intelligente Angela, ha lasciato che le cose andassero come dovevano e, come tutti ci aspettavamo, Nino rifece con Nives quello che aveva fatto con lei, con la differenza che a capirlo Nives ci mise molto meno tempo “amici come prima ma negozio a parte ognuno per la sua strada”. Non era mica Angela lei,era bastato un uomo nella sua vita indeciso tra lei e la moglie, questo per giunta era anche libero, per carità e così finì anche quella possibilità per Nino, che facendo finta di niente ricominciò a stare attorno ad Angela, ma lei fu molto chiara, se vuoi amicizia eccola, ma non dire cretinate per tenerti uno spiraglietto aperto, perché io ormai non sono più interessata a te, sono contenta della mia vita e sai cosa penso che non sono più io che devo cercare di piacere alle persone, ma loro a me. Poi eccoci qui con altre novità ancora, apriamo domani il terzo negozio con capi solo da uomo, lo gestiranno Mario con Luciana, la prima lavorante che aveva assunto nel suo laboratorio, ormai in pensione. Mario, quando gli abbiamo proposto la cosa ha detto”ci sto, ma solo se con me viene la Luciana”. Ci litigava sempre all’epoca quando lavorava con loro, ma lei era la più brava, non c’era problema sui pellami che non sapesse risolvere, modello che non avesse l’abilità di ricavare o inventare. Quando Luciana venne a parlare con noi, i Colombo quasi stentarono a riconoscerla, aveva i capelli bianchi, era sciatta, trasandata, non andava bene per il nostro negozio, ma Mario prese in mano la situazione “cià Biancaneve, parrucchiere, solo taglio e piega, il bianco adesso fa chic, manicure, un bel vestitino e si ricomincia “. E così è iniziata l’avventura. Sono qui che aspetto, loro sono in ritardo perché ci sarà traffico, allora da sola voglio brindare a tutti quegli amori che non sono stati per sempre, ma che sono sopravvissuti alla morte. Le persone che ci hanno lasciato sono ovunque, i miei genitori nelle tradizioni, nei valori e nell’educazione che mi hanno insegnato, lui in tutte le cose che mi ha fatto conoscere, nelle mie opinioni, nei miei gusti , in quello che mangio, nelle preghiere. È stato il solo che ha conosciuto tutti i miei pensieri, siamo stati sbagliati insieme, ma ora conta solo quello che è rimasto, lui è ancora nel mio sorriso come tutti coloro che ho amato. Siete altrove, ma non ve ne siete mai andati
da “VIA SAN MAURILIO “racconti di Una Milanese Chic
-foto “Nel Cuore Di Milano di Alessandro Barberio”
Ci sono cose che in spiaggia proprio non possono mancare, a parte il sorriso che é l’elemento numero uno del fascino, un cappello e una cesta di paglia, occhiali da sole preferibilmente anni sessanta e un paio di favolosi sandali infradito, sono assolutamente indispensabili.
Parlando di sandali, i capresi fatti a mano, che ora purtroppo ma anche per fortuna, si trovano non solo a Capri, non hanno rivali in fatto di charme ed eleganza, sia che siano quelli gioiello che i classici in pelle colorata. Non vi stancherete mai di averli, di indossarli e ritrovarli un’estate dopo l’altra,perché non risentono di mode e stravaganze, vi faranno sempre sentire adeguate ed eleganti, al contrario dí ciabatte e zoccoli definiti dalle parole stesse.
Cesta e cappello di paglia, con loro vi potrete sbizzarrire con le forme e i ricami, restano un passe partout senza tempo e adeguati a qualsiasi sia l’età di chi li indossa. Un must have di sempre, rivisitati o vintage rappresentano quell’eleganza che non vuole apparire, libera ma curata, giovane ma eternamente classica. In ogni viaggio ho comprato un cappello o una cesta, meglio chiamate alla siciliana “coffe”, quelle di Taormina sono fantastiche, pratiche ed estremamente abbinabili.
In ultimo gli occhiali da sole: ebbene sì …ANNI SESSANTA !!! Scherzi a parte, sono un particolare importante che unisce comodità e stile in un accessorio particolarmente amato e utilizzato. Nei mercatini vintage se ne trovano di bellissimi e colorati, ma molti stilisti attuali hanno firmato linee di occhiali sui modelli ripresi dai favolosi anni sessanta.
Come avrete capito, tutto molto facile sia da trovare se già non lo possedete, che da indossare, abbinato al vostro eterno fantastico sorriso, perché se in vacanza non siamo contente, cosa ci andiamo a fare ?
La presentazione sappiamo che è molto importante, il colpo d’occhio è essenziale, perché prima di tutto si mangia con gli occhi e siamo più invogliati se quello che assaggeremo ci sembra anche bello.
Per un aperitivo estivo propongo una corona di formaggio con fichi freschi, pistacchi e frutta secca, spezie e erbe aromatiche tagliuzzate.
Potete usare una forma grande di Brie, alla quale, volendo, potrete togliere il centro, cospargendola di miele o di una marmellata adatta ad accompagnarsi al formaggio. Aggiungete mentuccia, basilico e rosmarino tagliati grossolanamente , pistacchi, mandorle e noci ed infine dei fichi maturi tagliati a metà. In alternativa al Brie, potete usare dei caprini che disporrete a corona, delle fette di pecorino a raggiera e per chi ama un gusto più delicato dei crostini spalmati di ricotta.
L’effetto scenico è assicurato ed anche il gusto che renderanno il vostro piatto un successo
A. è ancora uno di quegli uomini che per le donne sanno fare “follie”, tipo 400 km per raggiungerti se sei in un luogo, bere un caffè e ripartire, uno che se hai bisogno di qualcosa, ti è già venuto in soccorso prima che tu abbia detto una parola.
Mi ha amata e corteggiata per mesi, ma io niente,nessuna voglia di impegnarmi e forse mi sentivo ancora legata a una storia che si era interrotta bruscamente.Sono passati tre anni e io l’altra sera volevo trovare la maniera per rimediare a questo sbaglio che ho fatto con lui, un modo per recuperare, ma tornare indietro non è facile come nei film, esiste un tempo limitato e una scadenza che non ammette proroghe.
Ho chiamato un’amica, una di quelle che sa sempre tutto di tutti, l’ho nominato e lei mi ha detto”ma come , non lo sai? fidanzatisdimo!! Finalmente, c’è stato tanto male per te…”
Allora mi sono seduta, non provavo dolore ma una stretta di malinconia, mi sono accesa una sigaretta e ho guardato fuori dalla finestra, se Milano si mette d’impegno ti offre dei tramonti struggenti ti mostra la forza di chi freneticamente non si arrende mai e l’inesorabile calma del corso della natura e lì davanti a me c’era quello spettacolo che mette fine a qualsiasi giorno bello o brutto .
La città era lì sotto, negozi, persone, auto e nessuno che potesse indicarmi la strada , un modo o le parole per recuperare ciò che avevo perso , volutamente e cocciutamente .Una persona non può continuare ad amarti dopo tanti rifiuti mi sono detta , per troppo tempo ti ha aspettata e oggi all’improvviso dovrebbe riaprire ciò che con dolore ha chiuso, non credo sia più quello che vuole.
So che mi vorrà sempre bene , so che se attraversando ad esempio Corso Magenta tenendola per mano, si volterà all’improvviso a cercarmi , perché il mio profumo non lo dimenticherà mai e lo riconoscerà sempre fra mille. Sì mi dispiace, ma questo dispiacere è ciò che paga chi sbaglia, perché non riconoscere un amore, non fermarlo mentre passa, lascia l’amaro in bocca e un vuoto nel cuore, anche se ti sforzi di non pensarci.
Le donne restano, non c’è nulla da fare,anche quando sono andate via, anche quando si sono nascoste altrove . Qualcosa di loro resta nella’aria, in un messaggio, dentro all’armadietto del bagno o nel modo di ripiegare la tovaglia da pranzo. Restano in quelle parole dette con il cuore o in quelle lacrime che non sanno trattenere . Gli uomini vanno via quasi sempre sbattendo la porta e quando vanno, vanno e basta.
Ho abitato molto tempo fa, sembra quasi un’altra vita, per qualche anno in una città attraversata dall’Arno. Aveva una torre che pendeva da un lato, c’erano studenti ovunque che nel tardo pomeriggio camminavano a gruppetti sui lungarni, tramonti struggenti, palazzi antichi meravigliosi che fungevano da sedi alle caserme, ne ricordo una in particolare. Era una città meravigliosa, il mare a cinque minuti si raggiungeva in un attimo anche in inverno, io in quelle giornate di gennaio o febbraio ventose, andavo a guardare le onde della burrasca, non sapevo perché ero lì, ma c’ero e questo significava che ne avevo bisogno.
Credo di non essermene mai andata via veramente da Pisa, il meglio l’ho lasciato a lei perché lo custodisca eternamente, perché la volete sapere una cosa ? Le donne restano anche quando se ne sono andate via, anche se scappano o si nascondono per non essere trovate. Io credo che in quella casa, quelli che la abitano ora, respirino qualcosa di me e forse quando ci sono entrati hanno trovato una spazzola per capelli e l’hanno tenuta, una tovaglia in un cassetto della cucina o una pianta in balcone. Magari quelle cose le hanno ancora.
Io credo di essere restata là anche se non ci sono mai voluta ritornare e mai ci tornerò, i luoghi hanno un’anima e trattengono chi l’ha saputa amare e conoscere.
Gli uomini no, quando vanno via chiudono la porta e consegnano la chiave al custode.
Poi vanno, vanno e basta. Sanno voltare pagina, a modo loro, ma la voltano.
Ci siamo scatenate anche noi dentro i nostri vestiti sfiancati e attillati, su tacchi vertiginosi e con chiome di capelli che si scuotevano come vele nella tempesta. Non abbiamo fatto nessuna fatica a ballare fino a notte fonda e la mattina un caffè e via al lavoro “stasera tanto vado a letto presto” e poi invece capitavano una cena, un aperitivo o un appuntamento e a letto presto non si andava. Ci siamo comprate abiti folli, abbiamo indossato bikini invisibili e fatto viaggi e vacanze decisi in un secondo, mangiato spaghetti alle tre di notte o krapfen caldi appena sfornati, abbiamo baciato uno sconosciuto o quasi e trascorso ore ad aspettare una telefonata. Ci siamo innamorate il lunedì e disamorate la domenica, abbiamo girato in auto ascoltando la stessa canzone anche venti volte di fila inzuppando di lacrime un fazzoletto, abbiamo fatto errori e cose bellissime. Siamo state anche noi ragazze e giovani donne e nulla che oggi vogliono fare passare per trasgressivo ci meraviglia. Siamo state molto meglio perché non esistevano i social, il branco e l’omologazione e così lo abbiamo saputo fare con più garbo e stile. -foto da Pinterest-
La tradizione ci permette una divagazione sul tema e quindi se Natale è la festa delle famiglie , Pasqua può essere trascorsa con gli amici. Riuniteli per trascorrere insieme la giornata, che sia un brunch o un pranzo, la nostra tavola dovrà essere diversa, curata e allegra.
Solo colori pastello, preferibilmente mescolati, uova decorate, rami di pesco, di ulivo e fiori. Una tovaglia tinta unita bianca o rosa, piccoli segnaposti magari costituiti da una minuscola piantina, bicchieri e tovaglioli anche differenti ma nei colori tenui della primavera e la nostra tavola di Pasqua sarà fantastica.
Preparate un menù leggero, torte salate con asparagi e formaggio di capra, un ottimo connubio, uova sode su un letto di patate bollite tagliate a fettine sottili e pomodori, crostini di salmone con formaggio spalmabile e avocado,un risotto ai carciofi, uno sformato a due colori di carote e spinaci e per finire coppe di crema pasticcera con fragole. Uovo di Pasqua e colomba della tradizione non possono mancare. Gli agnelli lasciateli nei prati.
I tramonti più belli sono quelli che vedi quando sei in auto o alla finestra di casa. I tramonti di Milano che ti lasciano senza fiato, che ti tolgono il respiro che guardi mentre cammini e non vorresti essere in nessun altro posto, lii porterai sempre nel cuore come un dipinto incompiuto, come un sogno interrotto, come le persone che non ci sono più, come tutto quello che sarà per sempre anche se non sarà mai più
. Milano è cassa di risonanza dei sentimenti più struggenti e dei momenti che ci lasciano con il fiato sospeso, ma soprattutto è nel suo cielo e nelle sue strade che ritrovi la vita . Quella vera, quella che ognuno di noi vive all’insaputa degli altri, la più autentica e intima, la più solitaria.
“Noi di sbagli ce ne siamo perdonati tanti, scappatelle senza importanza le sue, troppo impegno rivolto al lavoro che ha tolto tempo a lui e alla nostra vita di coppia, io. Mio marito non è mai stato un grande lavoratore, quel tanto che bastava in un impiego senza visioni di carriera, alle cinque del pomeriggio a casa, il giovedì la partita di calcetto e la pizza con i suoi amici e la domenica lo stadio. Io, nata in una famiglia con il pallino del lavoro e cresciuta con l’insegnamento che prima di ogni divertimento e tempo libero esisteva la nostra attività, cioè i cinque negozi di scarpe tra la città e la provincia, tornavo a casa anche alle 21. Mi organizzavo,la cena che era già stata preparata da me o dalla signora che si occupava della casa, era solo da riscaldare, la tavola era ben apparecchiata, la casa riuscivamo a tenerla più che in ordine, le camicie di mio marito erano stirate nei cassetti, ma io lo ammetto, c’ero poco. Negli anni qualche segnale di scappatelle lo avevo intuito, sono una persona diretta e per mia natura devo sapere la verità, lui messo di fronte alla domanda precisa, la buttava in ridere, ma dai, ma anche fosse cosa vuoi che conti una scemata, piuttosto non tornare tardi anche stasera, ricordati che hai un marito. Oggi mi risuonano nelle orecchie queste parole come una responsabilità disattesa, una promessa non mantenuta, un errore che ho perpetuato a mio danno, un senso di colpa verso me stessa, più che nei confronti di un uomo che a conti fatti, non si è certamente fatto grandi scrupoli. Avevamo una bella casa, bei mobili, due automobili , gli avevo regalato la moto dei suoi sogni, facevamo vacanze nei posti dove lui desiderava andare, abbiamo visto il mondo è tutto questo grazie al mio lavoro, che ci dava un benessere che diversamente non avremmo avuto, sicuramente non con due normali stipendi . A mio marito il lusso piaceva molto, mentre a me più che quello interessava il mio lavoro, l’azienda che mio padre aveva creato con tanto sacrificio e della quale io ero l’unica erede. Non avevamo figli, prima non li abbiamo voluti poi quando abbiamo iniziato a cercarli non sono arrivati, non ci sono ragioni particolari mi disse lo specialista a cui ci eravamo rivolti, a volte bastano la serenità, i tempi giusti, voi siete a posto . Sbaglio a dire non ne abbiamo avuti, perché solo io non li ho avuti e questo mi si è reso chiaro un giorno che ero nel negozio in cui trattavamo le scarpe da bambino. Entrò una donna circa della mia età, io all’epoca avevo quarant’anni tondi, tenendo per mano un bambino che avrà avuto circa nove anni, disse che doveva comprargli delle scarpe per il giorno della prima Comunione. Che numero porta suo figlio, chiesi , già voltata a selezionare quello che mi sembrava più adatto, lo chieda a suo marito, lui lo conosce molto bene . La risposta mi arrivò come una pugnalata, ma mai come quando mi feriscono a tradimento ,riesco a rimanere presente e lucida. Ci siamo guardate, ho visto una donna offesa, esasperata, illusa e disillusa al tempo stesso, ho visto il desiderio di ferire perché era ferita. Andate fuori ho detto, mamma non mi compri le scarpe piagnucolava il bambino,mentre io ero furibonda con mio marito , non con quella donna che era venuta a giocarsi la vita, l’ultima disperata mossa per cercare di tenersi un uomo, per prendersi una vita che non riusciva ad ottenere diversamente, se non costringendolo davanti al fatto compiuto, la verità detta a me, buttata in faccia a chi non aveva colpe se non quella di avere sposato un imbecille privo di valori . A quel fatto seguirono giorni difficili, scene pietose, minacce e preghiere fatte da un uomo che non voleva andarsene, che mi accusava di averlo lasciato troppo solo, che diceva di amarmi e che non si rendeva conto di avere un figlio di nove anni che da lui si aspettava di ricevere quello che qualsiasi bambino ha diritto di avere . Lui non voleva andarsene, voleva stare dov’erano “la sua casa e sua moglie”, la sua famiglia ero io continuava a dire e per me invece, lui non era più niente, un uomo che preferiva abbandonare suo figlio per non perdere il benessere . Alla fine con un buon avvocato, mi sono liberata di lui, benché fossero cose intestate a me gli ho lasciato la macchina la moto e tante altre cose, potevo non farlo ma l’ho fatto. Sono passati quindici anni io ho un nuovo compagno, un grande lavoratore come me , tre negozi li ho dovuto chiudere per la crisi, lui mi ha aiutata ed ora ne ho solo due, mi avvalgo della sua professionalità artigianale per produrre una linea nostra. Siamo felici, quando fa tardi o lo faccio io, diciamo, pizza ? Ho divorziato, ma non mi risposerò più, non sono scottata, sono delusa e non voglio legarmi formalmente a nessuno. Voglio accanto una persona che torni da me solo perché ne ha voglia, non voglio prendere nulla a nessuno , ma neppure dare. Insieme ma divisi . È il mio modo per difendermi.