Quando ho iniziato a scrivere il primo capitolo di questo libro, avevo in testa un romanzo molto diverso, qualcosa che avesse sempre come protagoniste le donne, ma non la trama che si è sviluppata ma mano senza che io me ne rendessi conto. Ho sempre pensato che chi ci lascia può tornare in qualsiasi momento ed è solo in noi la capacità di scorgerlo e di potere ancora avere un rapporto fatto di emozioni, parole e sguardi. Non è stato strano per me, quindi, avere trasferito nel romanzo la mia personale esperienza, questo fil rouge che mi unisce ai miei cari, questo rapporto che vive tra sogno e realtà.
Fulvia, Carla, Marina e alla fine anche Alberto nell’ambito di una vita quotidiana fatta di concretezza, di amore, dolore e scelte fatte e non fatte, vivono una vita parallela legata a chi ogni tanto torna per aiutarli e amarli ancora, sebbene diversamente.
”Dove siete voi non possiamo venire, ma voi tornate dove siamo noi …”
Tutti abbiamo già pensato al pranzo di Natale, al menù e agli invitati, ma ricordiamoci che invitare qualcuno a pranzo vuol dire incaricarsi della felicità di questa persona durante le ore che egli passa sotto il nostro tetto, Quindi oltre a curare il cibo che prepareremo , pensiamo ad adornare la tavola , non importa con cose preziose purché siano disposte con grazia e gusto e anche se l’arrosto si è bruciato, anche se nostro marito non ci aiuta per nulla e perfino se l’amica invidiosa critica i nostri addobbi natalizi, non perdiamo neanche per un attimo il sorriso. La cortesia, l’accoglienza, la cordialità, il modo di fare che mette a proprio agio chiunque, sono la forma più elegante dell’ospitalità e battono di gran lunga gli argenti, le porcellane e i cristalli se dietro a loro non troviamo calore e quel afflato che fa sentire gli ospiti persone di casa.
Inutile dirlo, i guanti restano l’accessorio senza tempo e senza età che definiscono un outfit e chi lo indossa. Chiudono il cerchio di un tipo di eleganza che non appartiene a tutti, ma che a tutti regalano un tocco in più. Mai di lana, mai con quei disegni da pullover norvegese , solo ed unicamente in pelle o camoscio, che arrivino al polso o,massimo dell’eleganza, lunghi fino quasi al gomito, intarsiati o ricamati, foderati di morbido cachemire o in seta, purché indossati sempre con il cappotto giusto o il tailleur, grande ritorno di questa stagione. Bellissimi nei colori sgargianti, chic nelle tonalità più classiche, i guanti sono un must have dell’eleganza che non conosce moda, tempo ed età e sebbene oramai nella stragrande maggioranza dei casi sono stati sostituiti per praticità da oggetti più tecnici, rimane che avere stile richieda, sì di stare comodi, ma tenendo presente anche che la raffinatezza. Quindi mai senza e sempre in pelle
Dicembre. Un mese di festa, preparativi e addobbi.
Panettoni e tradizioni.
Un mese in cui ogni strappo di calendario porta a quei giorni, quelli in cui si rivedono,magari dopo tempo, i propri cari, dove il tempo diventa lento, ma denso di parole, ricordi, usanze tramandate.E’ tempo di tovaglie ricamate, di decori rossi, di statuine che animavano il Presepe delle nostre famiglie in altre epoche, quando vivevano le storie che, in alcuni casi,conosciamo solo dai racconti tramandati. Ma accanto a queste immagini, ce ne è anche un’altra. Meno esposta. Per pudore. Per generosità. Che ha il volto drlla solitudine. Perché siamo chiamati, talvolta, ad essere presenza in luoghi dell’anima che non sono i nostri, come, per esempio, in una relazione emozionalmente finita. O legata ad un tempo ‘appeso’, a cose, situazioni e persone che non sono più con noi. Solitudine, di colori, intensità, diversi. Per scelta propria, di altri o del destino. E allora si aspetta questo giorno tra l’attesa di pace e quel pizzico di paura.Perché non provare, allora, a disegnare un nuovo ‘ abito’ per questo giorno? Che non sia l’ ‘avanzo’ dell’armadio, un ripiego fuori taglia.Perché non dedicarsi quella giornata per un’attività che celebri l’atto del nascere o ri-nascere? Che ci riguarda tutti, ciascuno sulla propria strada. E può essere un the ed un buon film in un cinema del centro, una giornata alle terme, ore di volontariato dove sicuramente qualcuno valorizzi il nostro tempo ( questa è un’esperienza che ho fatto personalmente).O ancora, per tornare a vestire il Natale di bellezza, attesa serena, condivisione, accoglienza autentica, perché non aprire casa, grande o piccola che sia, e addobbare la tavola per le persone della nostra vita che lo trascorrerebbero in solitudine a loro volta?La condivisione di qualcosa di speciale da mangiare. Del buon vino . Racconti. Confidenze. Aneddoti. Storie di vita. Sogni da realizzare. Camminiamo in questo mese di dicembre con occhi e cuore aperti. Per raccogliere bellezza e idee, per vestire quella giornata. Per accogliere noi stessi ed i nostri ospiti e facendoli, e facendoci, sentire unici, speciali. Un modo nuovo, vivo, per ‘ esserci ‘.
Voglio parlarvi del mio secondo libro in uscita tra pochissimi giorni, prenotabile e acquistabile al mio indirizzo mail bentinirossella@gmail.com o unamilanesechic@gmail.com, in consegna dal 10 dicembre. Il romanzo si svolge a Milano e vede protagoniste Carla, proprietaria della più nota boutique milanese, Marina che da un matrimonio infelice riesce a rinascere e ricreare una sua grande identità e Fulvia donna severa e attaccata alle tradizioni di una famiglia dell’alta borghesia, che con la sorella trasformerà l’attività paterna in una nuova e grande realtà. Le loro vite si intrecciano nelle varie vicende del romanzo, ma quello che le accomuna è l’esperienza che ognuna vive nel suo privato. Spero che voi amiate leggerlo come io ho amato scriverlo. Edizioni Pendragon
Ci sono cose semplicissime che si preparano veramente in un attimo e che vi consiglio di tenere pronte in casa per un aperitivo veloce, come snack da accompagnare a una bevanda o come supporto al pane per una cenetta dell’ultimo momento. Tra queste i GRISSINI AL PROSCIUTTO, sempre graditi a tutti, sono una di quelle facilissime e appetitose merende o rompi digiuno che io ho sempre in casa, pronti per essere offerti. La ricetta è facile , facile :
GRISSINI AL PROSCIUTTO 1 rotolo pasta sfoglia rettangolare 100gr prosciutto crudo Senape ( opzionale ma io la metto ) 1 tuorlo d’uovo per la spennellatura
Tagliare la pasta sfoglia a strisce di 2 cm circa , se piace,spalmare un sottile velo di senape e mettere sopra ad ognuna nella lunghezza degli straccetti di prosciutto crudo , poi arrotolare le strisce a spirale . Spennellare con il tuorlo d’uovo e infornare in forno preriscaldato a 180*. Quando sono ben dorati , sfornare e lasciare raffreddare . Avvolti in carta oleata e dentro una scatola di latta si conservano per alcuni giorni
É questione di giorni… ebbene sì, puntuale come ogni promessa di chi quando le fa le mantiene, come il Natale che arriva tutti gli anni, come un appuntamento che cercherò di rispettare sempre, fra pochi giorni uscirà il mio SECONDO LIBRO !! É cominciato tutto da me che sognavo e da voi che mi avete incoraggiato a portare a compimento un progetto che giaceva dentro al cuore e ad un cassetto, ma ciò che è racchiuso come un tesoro dentro di noi prima o poi viene fuori. Ora scrivere è diventata una necessità, un impegno e anche una grande gratificazione, alla quale non saprei rinunciare. Volevo che uscisse per Natale e ci sono riuscita, farà compagnia a chi se ne starà in casa, oppure sarà un regalo che potete fare o farvi, perché non so se sia bello o non lo sia, ma so che dentro c’è qualcosa in cui ognuno potrà ritrovare una parte di se stesso. Tra pochi giorni si partirà con questa nuova avventura e vi preannuncio che non saranno racconti , ma un romanzo…poi se ci penso anche la mia vita lo è stata, quindi … -foto da Pinterest-
Io e la mia sorella gemella siamo sempre andate d’accordo, gemelle per modo di dire, lei molto bella, io non brutta, ma neanche come lei, insomma tutte le volte le persone dicevano”ah siete gemelle…”una meraviglia che sottolineava la differenza eclatante tra la sua bellezza e la mia . Però noi siamo sempre state unite, lei era affettuosa, ci rideva sul fatto di essere bella, mi accarezzava e diceva”se ti guardassero come ti guardo io, scoprirebbero che la più bella sei tu”e io non ero gelosa e invidiosa perché le ho sempre voluto molto bene. All’università abbiamo conosciuto un ragazzo, per me amore a prima vista e anche per lui, ma per mia sorella. Si fidanzarono e sposarono appena ci laureammo tutti e tre, poi loro partirono per il viaggio di nozze e io che ero stata assunta da un’azienda francese, fui mandata per due anni a Parigi. Per me fu un bene, innamorata com’ero del marito di mia sorella, meno lo vedevo meglio stavo, ma questo senso di liberazione che provavo stando lontana da lei, mi faceva sentire in colpa, perché chi sbagliava tutto ero io che non riuscivo a togliermi dalla testa l’uomo sbagliato. Tornai a casa definitivamente due anni dopo ed ero molto diversa, ero diventata elegante, chic, cambiato taglio e colore di capelli, ma soprattutto avevo acquisito una sicurezza e un’indipendenza che facevano di me una donna affascinante. Con mia sorella si ristabilì il vecchio legame di affetto e intesa, loro abitavano nella vecchia casa di famiglia nel centro della città, con i nostri genitori. Quella casa l’abbiamo sempre amata molto, ci abbiamo abitato con i nonni quando eravamo bambine, era grande su due piani con un bel giardino, una vecchia villetta che per tacito accordo abbiamo sempre saputo che, anche da sposate e con nuove famiglie , sarebbe rimasta la casa di tutte e due. Mi ero accorta che mio cognato mi guardava spesso, che mi sorrideva quando arrivavo a tavola alla sera e mio padre brontolava perché ero in ritardo, che mi metteva lo zucchero nel caffè senza chiedermi quanti cucchiaini volessi e mi stupivano certi gesti come sfiorarmi i capelli passando dietro al divano dove ero seduta o accarezzare il mio cappotto sulla sedia. Io uscivo con altri uomini, ma silenziosamente amavo sempre lui, l’unico inaccessibile, l’amore impossibile per eccellenza. Passarono gli anni loro ebbero due figli che oggi sono entrambi sposati e li hanno resi nonni, i miei genitori a distanza di un anno l’uno dall’altra, morirono e io continuai con il mio lavoro facendo una bella carriera, ma senza crearmi una famiglia mia. Avevo delle storie, ho avuto anche un fidanzamento più serio e lungo, ma non volevo sposarmi, non sentivo l’esigenza di crearmi una famiglia, mi bastava l’affetto di mia sorella, quello dei miei nipoti che per me sono stati dei figli, ma soprattutto a impedirmelo era una sola verità :amavo mio cognato e nel tempo capii che anche lui mi amava. Ce lo dicevamo con gli occhi cento volte in un giorno, ogni gesto che lui faceva era mirato a dimostrarmelo, ma è sempre rimasto un rapporto platonico e mai dichiarato. Fino a quando un giorno rimanemmo da soli nella casa al mare, mia sorella, partita alla mattina per una visita medica in città doveva rientrare in serata, ma per un problema ci disse con il figlio maggiore,telefonò per comunicare che sarebbero arrivati la mattina dopo. Preparammo la cena in silenzio, poi lui mi guardò e disse”ti amo molto, non dico di avere sposato la sorella sbagliata perché sarebbe ingiusto, ma niente e nessuno potranno mai cambiare quello che provo per te. Sono un uomo strano, io stasera parto e vado a casa, domani torno con loro, perché qui con te, so che non riuscirei a trattenermi e sia io che te vogliamo troppo bene a tua sorella per comportarci da traditori. La vita è passata così, a casa siamo rimasti noi tre, tante volte ho manifestato l’intenzione di trasferirmi in una casa mia, di lasciarli da soli, ma tutte le volte mia sorella ne ha fatto una tragedia, ha dichiarato che se me ne fossi andata, per lei quella casa non avrebbe più avuto un senso. A sessant’anni, è stata colpita da un brutto male, prima dell’operazione mi ha chiamata e mi ha detto”ascolta quello che ti dico, se non dovessi farcela a M. devi pensarci tu, lo devi sposare tu”. “ Ma cosa vai a pensare, cosa dici … tu ce la farai e non dire sciocchezze”. Le ha sorriso e ha detto mi credi cieca, io vi devo solo ringraziare per il rispetto e il bene che mi avete voluto. Per le persone che mi avete dimostrato di essere. L’operazione è andata bene e da quel giorno non abbiamo mai più fatto accenno a quel discorso. Ora, ci siamo trasferiti nella casa al mare lasciando ai ragazzi la villetta che nel frattempo è stata ristrutturata e divisa, le famiglie sono diventate due e quelle patriarcali come la nostra non esistono più. Io la sera mi chiudo in camera per vedere la televisione e lasciarli soli e loro cominciano a chiamarmi, dai vieni qui, guardiamo quello che vuoi tu, allora arrivi???
Poi d’estate mio cognato si alza, va in cucina e ci porta il gelato, in inverno la tisana con i biscotti. Tiene sua moglie per mano quando sono loro due sul divano, le vuole bene e molto. Sono quasi cinquant’anni che amo quell’uomo, ogni tanto quando mi preparo per andare in città mi guarda e mi dice, sei sempre la più elegante, una volta mi ha baciato la mano , ma poi si è subito ripreso e ha detto, se tardi chiama, qui si cena alle venti, mica possiamo aspettarti tutta la sera, ma io so che è preoccupato di sapermi alla guida al buio. Però, anche se abbiamo nutrito un sentimento sbagliato, siamo fieri di noi, perché abbiamo fatto del nostro meglio per non essere due orribili persone, anche se eravamo innamorati.
Anche una vecchia pubblicità ci può ricordare quanto siano stati belli gli anni in cui quasi nessuno diceva ” uffa arriva il Natale, non vedo l’ora che sia il 7 gennaio”. Personalmente quando sento qualcuno dire questa frase, ne ho una pessima impressione. É diventata una banalità, un luogo comune dei più diffusi, che include un inutile attesa di qualcosa che invece, si può ottenere immediatamente, ignorando le festività e chi le celebra. Partite o chiudetevi in casa, non rovinate la festa, anzi le feste a chi le ama e le festeggia con gioia, insomma neutralizzatevi, ma non ammorbateci con l’”odio seriale natalizio “. Per quanto mi riguarda io amo il Natale, lo aspetto e lo preparo con cura, mi piace ed è il periodo dell’anno che amo di più, questo è stato fin da bambina, quando era percepito come qualcosa di veramente speciale. Mi piacerebbe molto poterne rivivere uno altrettanto magico, come erano quegli anni, perché gli anni sessanta sono stati magia pura in tutti i sensi, un Natale con la neve, anzi mi basterebbe con la nebbia fitta e le luci dell’albero che si riflettono sui vetri appannati delle finestre, la tovaglia rossa ricamata sul tavolo e quel profumo di panettone e famiglia ovunque. Mi piacerebbe un Natale vintage.
Vestiti del tuo stile, della tua personalità e non scegliere un capo in base all’etichetta, ma solo attraverso ciò che di lui ti piace veramente e che si trasforma in una seconda pelle che copre la prima. Vestiti senza eccessi , senza strafare, a una donna della nostra età non sono adatti e non le regalano altro che un aspetto addobbato. Vestiti del tuo sorriso e della tua sicurezza,perché quando per prime piacciamo a noi stesse, facilmente anche gli altri ci troveranno piacevoli e piacenti. Vestiti tutte le mattine come se là fuori ci fosse qualcosa d’importante ad attenderti, perché c’è e sei tu, prendersi cura di se stessi è la cosa più gratificante che tu possa fare per la tua persona e per stare meglio. Vestiti del tuo fascino che sarà sempre quello che metterà in secondo piano, i chili di troppo e i segni della vita sul viso. La tua compagnia, il tuo modo di fare, la tua ironia, l’intelligenza e la tua piacevolezza sono quelle atouts che vincono sulla bellezza e sulla perfezione, che ti renderanno immensamente più interessante di chi si affida solo a quella. Ma soprattutto vestiti di allegria e positività, trasmettila, regala ottimismo, ogni giorno è il giorno più bello e noi dobbiamo essere fantastiche.